Le statistiche parlano chiaro: l’avvocato è tra le cinque professioni più odiate dagli italiani, quegli stessi italiani che però, nel contempo, ne hanno bisogno per districarsi in un sistema che perde acqua da tutte le parti. Eppure basterebbe poco, perché spesso è l’approccio ad essere sbagliato.
Ci si reca da un legale portando dietro un bagaglio di convinzioni errate e false credenze che, a ben ragionare, non hanno motivo di esistere.
Vediamo allora cosa è possibile fare per migliorare un rapporto che meriterebbe più serenità (per entrambe le parti).
LA FIDUCIA
L’avvocato non è l’incarnazione del male.
E’ un normale mestiere fatto di persone che scelgono, secondo il proprio arbitrio, se svolgerlo con correttezza oppure no. Ma questo vale per ogni attività e non è un fenomeno generalizzabile ad una determinata categoria.
Cercate competenza, ma nel contempo date fiducia, la base di ogni buon rapporto umano.
Un problema giuridico è pur sempre un problema e va affrontato come tale, senza farsi sopraffare da eccessive ansie o incertezze.
Di norma ci si reca dall’avvocato a seguito di uno spiacevole evento di natura imprevedibile ed il suo verificarsi è, per certi versi, anche questione di sfortuna, quella stessa sfortuna che siamo abituati a combattere nella vita di tutti i giorni (una malattia, una perdita affettiva improvvisa ecc). Ebbene bisogna avere il coraggio di “combatterla” ed anche di arrendersi ad essa e l’unico vostro alleato, in questo, è proprio l’avvocato cui vi rivolgete.
L’INFORMAZIONE
Informatevi autonomamente sul possibile esito del giudizio che vi attende, senza ascoltare le c.d. “chiacchiere da bar”.
Le storie che racconta l’amico su fantasiosi risarcimenti da capogiro lasciamole alla retorica. Ascoltiamo, piuttosto, chi è del settore, l’unico a poterci fornire statistiche ed eventuali previsioni sul futuro della controversia che si andrà ad analizzare.
Tenete a mente che quello che è “giusto” non sempre è supportato dalla “legge”.
La “Giustizia” in senso astratto è un’entità “divina”, che non sbaglia mai.
La “Legge” è uno strumento creato dall’uomo e, come tale, non è esente da errori, malintesi, imprecisioni ed anche “ingiustizie”.
Può ben capitare che il cliente scorga un’ingiustizia laddove invece la legge è di diverso parere, ma è così e non è certo colpa dell’avvocato (un esempio può essere il famigerato “canone Rai”, il cui pagamento non è legato alla visione dei canali Rai, bensì si tratta di una tassa sull’apparecchio televisivo in sé, a prescindere dall’uso che se ne faccia).
LA PROVA DEL DIRITTO VANTATO
E’ importante avere delle prove a sostegno delle proprie ragioni e, per la maggior parte dei casi, è il cliente a doversele “preventivamente” creare e procurare: in tal senso l’avvocato può fare ben poco, intervenendo solo a “cose fatte”.
Fate un pagamento? Esigete e tenete la ricevuta. Stipulate un contratto? Abbiate cura di averne una prova scritta. Siete stati coinvolti in un incidente o in qualche altro similare evento dannoso? Controllate, sul momento, se ci sono testimoni e fatevi lasciare i dati, perché poi sarà impossibile reperirli.
IL PREVENTIVO DI SPESA
Non abbiate paura del compenso dell’avvocato.
Oggi la legge impone al professionista di redigere un preventivo dettagliato, dunque non abbiate timore a richiederlo, tenendo bene a mente che sarà d’aiuto ad entrambi: voi eviterete fastidiose sorprese future e l’avvocato svolgerà il suo mandato con più tranquillità.
LA SCELTA DEL PROFESSIONISTA
Eliminate l’idea che l’avvocato “migliore” sia quello che appare il “più cattivo/aggressivo”.
Per la legge valgono gli atti, i documenti, le prove e la veridicità di quello che si vuol sostenere. Tutto il resto è noia, soprattutto le urla e la maleducazione.
A tal proposito Piero Calamandrei (politico, avvocato e accademico italiano) scrive: essere un buon avvocato vuol dire essere un avvocato utile ai giudici per aiutarli a decidere secondo giustizia, utile al cliente per aiutarlo a far valere le proprie ragioni. Utile è quell’avvocato che parla lo stretto necessario, che scrive chiaro e conciso, che non ingombra l’udienza con la sua prolissità e non li mette in sospetto con la sua sottigliezza: proprio il contrario, dunque, di quello che certo pubblico intende per “grande avvocato”.
LA DURATA DEL PROCESSO
Il contenzioso processuale, purtroppo, ha un suo percorso fisiologico, che purtroppo è proceduralmente lungo e farraginoso: inutile prendersela con il legale.
Bisogna tenere bene a mente che l’avvocato è dalla parte del cliente e sarebbe felice anche lui se i processi terminassero in breve tempo. C’è la falsa credenza che più la causa dura nel tempo e più l’avvocato ci guadagni. Non c’è cosa più falsa. Il compenso dell’avvocato varia al variare della materia su cui si verte, dell’organo giudiziario cui ci si rivolge, del valore della controversia e del numero di parti in causa, ma mai in base alla sua lunghezza: un processo del valore di euro 10.000,00, sia che duri 10 anni o che ne duri 2, porterà sempre le stesse tariffe, dunque l’avvocato sarebbe ben felice di farlo durare 2 anni, anziché portarselo dietro per 10 anni. Oltretutto Oggi è davvero impossibile definire con certezza quanto possa durare una causa, poiché numerose sono le variabili che possono influire sui tempi (assenza dei testimoni, eventuale sostituzione del giudice, rinvii d’ufficio, assenza del consulente tecnico d’ufficio per il giuramento ecc).
LA CURA DELLA CONTROVERSIA
E’ opportuno tenere sempre d’occhio la pratica e mai abbandonarla totalmente nelle mani dell’avvocato, per poi ripresentarsi dopo 5 anni per sapere “a che punto passa”.
E’ ovvio che l’avvocato ha l’obbligo di gestire la pratica nel miglior modo possibile, ma un contatto periodico da parte del cliente (attuabile anche solo con una semplice telefonata) è più che necessario: così facendo non solo si evitano sorprese, ma si evita anche che il legale accantoni la pratica a causa del vostro disinteresse.
Ricordate…è anche il bravo cliente a fare il bravo avvocato.