Un soggetto onerato da debiti donava al proprio coniuge un immobile di sua proprietà, verosimilmente allo scopo di “nasconderlo” dal proprio creditore.
Ebbene, quest’ultimo, avendo appreso di tale “furbesca” operazione, si rivolgeva allo Studio Legale al fine di salvaguardare i propri diritti, visto e considerato che il debitore non aveva altri beni da “aggredire” con un’eventuale esecuzione forzata.
Dopo un attento studio della fattispecie, si decideva di procedere all’impugnazione dell’atto di liberalità, in modo da far tornare il bene immobile nella disponibilità del soggetto insolvente e poterlo sottoporre a pignoramento.
In particolar modo si decideva di esperire il rimedio generale dell’azione revocatoria prevista ex art. 2901 c.c., che consiste in uno dei mezzi principali messi a disposizione del creditore dall’ordinamento giuridico per la conservazione della garanzia patrimoniale generica sui beni del debitore.
Le finalità di tale istituto sono conservare e/o ricostruire nella sua integrità, la consistenza patrimoniale del debitore, dallo stesso depauperata con un atto dispositivo (Cass. n. 7172/2001, Cass. n. 1804/2000).
Le condizioni che necessariamente devono sussistere per l’esperibilità dell’azione sono:
1) un valido rapporto di credito, tra il creditore che agisce in revocatoria ed il debitore disponente;
2) un elemento oggettivo cioè il danno effettivo (c.d. eventus damni), inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell’atto traslativo.
Ci sarebbe poi anche un elemento di tipo “soggettivo” da dimostrare e cioè la c.d. scientia damni, che consiste nella ricorrenza in capo al debitore della consapevolezza che, con l’atto di disposizione, venga diminuita la consistenza della garanzia patrimoniale (Cass. Civ. sez.III, n. 3546/2004).
Tuttavia occorre tener presente che la sussistenza di detto “componente” va dimostrata solo ed unicamente quando si tratti di atti “a titolo oneroso” (art. 2901, comma 1°, n. 2, c.c) e, pertanto, non riguardava il caso presente caso, laddove l’oggetto della revocatoria era un atto a titolo gratuito (la donazione).
Ad ogni modo, si spiegava che, allorché l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito (come per il nostro caso), la semplice conoscenza di questo presuppone già per sé la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, e senza che assumano rilevanza l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore né la partecipazione o la conoscenza da parte del terzo.
Ebbene, tramite la documentazione prodotta e l’istruttoria espletata, si è riusciti ad assolvere ogni onere probatorio e, pertanto, all’esito, il Tribunale non ha potuto che accogliere la domanda e revocare la donazione.