La pandemia da Covid-19 ha generato un’emergenza sanitaria senza precedenti tanto che la tutela della salute pubblica è divenuta una priorità assoluta per tutti gli Stati del mondo. Essi hanno adottato normative volte a contenere i contagi mediante misure che limitano il diritto alla libera circolazione dei cittadini, arrivando ad imporre l’obbligo vaccinale ad alcune categorie di soggetti.
Questo tema presenta profili complessi perché tange valori e diritti fondamentali della nostra Costituzione, tra cui il diritto alla salute contemplato dall’articolo 32 ed il dovere di solidarietà sociale previsto dall’articolo 2.
L’obbligo introdotto con Decreto-Legge del 07.01.2022 ha purtroppo diviso la popolazione fra chi ritiene tale imposizione necessaria e chi vuole conservare la propria libertà di autodeterminarsi. Un’interessante disamina è stata effettuata dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 7045/2021.
La Salute è tutelata dalla Costituzione non soltanto come diritto fondamentale del singolo ma anche e soprattutto come interesse della collettività. Ed è proprio tale interesse di connotazione solidaristica che, nella prospettiva di “far star bene” anche gli altri membri della comunità (in questo caso i più vulnerabili), giustifica la ragionevole compressione del diritto ad autodeterminarsi di colui che non intende sottoporsi al trattamento e, dunque, della sua libertà di scegliere.
Infatti, così come ci insegna anche la Corte Costituzionale con l’importante sentenza n. 5 del 2018, “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’articolo 32 della Costituzione se il trattamento sia diretto a migliorare o a preservare lo Stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”.
Lo Stato è obbligato a ponderare gli interessi in gioco al fine di schermare la propagazione del contagio ed evitare la pressione sfiancante sulle terapie intensive negli ospedali. Tuttavia, un trattamento sanitario può essere imposto solo laddove non sacrifichi la salute di chi vi si sottopone. Occorre pertanto porre sul piatto della bilancia i potenziali rischi ed i probabili benefici, individuando una soglia di pericolo accettabile sulla base di accreditati studi medici-scientifici.
In sintesi, la questione sulla legittimità dell’obbligo vaccinale imposto per legge attraversa necessariamente i rapporti tra libertà individuale e principio di solidarietà.
Nel contesto della delicata situazione pandemica in atto, il diritto di autodeterminazione di ognuno è recessivo rispetto al prioritario interesse pubblico della salute collettiva: al centro delle valutazioni e delle scelte normative che il legislatore compie c’è la salute di uno nella sua relazione con gli altri, quindi la salute di tutti, non quella del singolo in quanto tale.
Ѐ previsto un risarcimento del danno derivante da effetti avversi del vaccino?
Sì, anche se è opportuno rimarcare la differenza nitida tra risarcimento e indennizzo. Il primo presuppone che il danno alla salute sia stato provocato da un comportamento colposo (negligente, imprudente o imperito) o illecito. Il secondo, invece, è previsto laddove si accerti semplicemente che una menomazione fisica o psichica sia la conseguenza diretta di un atto lecito, come lo è la prestazione sanitaria, indipendentemente da un’eventuale condotta colposa.
Semplificando, in merito al risarcimento del danno, si possono fare due esempi:
1) Il medico curante, pur conoscendo che lo stato patologico del proprio paziente sia incompatibile con quel tipo di vaccino, non lo sconsiglia anzi, addirittura, lo spinge a farlo. Qualora il soggetto dovesse subire effetti avversi, avrà la possibilità di ottenere una tutela risarcitoria (oltre all’indennizzo) nei confronti del medico.
2) Il siero somministrato proviene da un lotto difettoso ed a causa di quei difetti si verificano eventi avversi. Anche in questo caso sarà possibile ottenere il risarcimento dei danni subiti, oltre all’indennizzo.
Ciò perché, la condotta imprudente del medico o il difetto del farmaco somministrato, hanno provocato dei danni che il paziente non avrebbe subito se fosse stato ben consigliato o non vi fossero state anomalie nel vaccino.
Qualora, al contrario, le conseguenze dannose dovessero essere la conseguenza di una sfortunata casualità (insita nell’assunzione di ogni farmaco), si otterrà soltanto la tutela indennitaria come previsto dall’art.1 della Legge 25/02/1992, n. 210: “chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge”.
Il danneggiato, per accedere all’indennizzo, dovrà dimostrare di aver subito lesioni o infermità permanenti (sono quindi escluse eventuali febbri passeggere o lievi disturbi transitori), oltre che il danno subito sia conseguenza della vaccinazione.
In conclusione, occorre chiarire un facile equivoco: il consenso informato al trattamento, che deve essere prestato prima dell’iniezione, non esclude affatto il diritto all’indennizzo e/o al risarcimento, rilevando semplicemente come adesione consapevole all’intervento.
Dott.ssa Sabrina Orsini
Avv. Marco Bagalini