In questo articolo tratteremo del c.d. danno da cose in custodia.
Partiamo da banali esempi.
La nostra auto viene danneggiata da una buca presente sull’asfalto?
Subiamo lesioni personali dopo essere caduti a causa di un’anomalia del marciapiede?
Nostro figlio, utilizzando un’apposita area giochi, si fa male?
Un oggetto (che sia un vaso, un pezzo di intonaco ecc) precipita da un edificio procurandoci danni fisici e/o materiali?
Il nostro veicolo rimane bloccato in un sottopasso allagato?
Ebbene, in tutti questi casi (che costituiscono solo una minima parte delle possibili ipotesi), abbiamo diritto ad essere risarciti dai proprietari, possessori e/o detentori di tutte quelle “cose” che ci hanno procurato un pregiudizio (siano essi soggetti privati o enti pubblici, come nel caso delle strade).
A spiegarcelo è l’art. 2051 del codice civile: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Ma chiariamo subito la definizione di “custode”. Secondo pacifica giurisprudenza “custode” è qualunque soggetto che detiene il potere di vigilanza e di controllo sul bene; e non parliamo sempre e solo del “proprietario”, ma anche di colui che, nel caso concreto, ne ha la disponibilità e, di conseguenza, ha anche il potere/dovere di custodirlo in modo da non arrecare danno a terzi (ad esempio, se parliamo di un immobile affittato, salvo eccezioni, sarà al conduttore che dovremo rivolgerci).
Per ottenere il risarcimento il danneggiato avrà l’onere di fornire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento lesivo (ossia dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa), nonché l’esistenza del rapporto di custodia.
Ma a questo punto è bene chiedersi: il custode può “salvarsi” da un’eventuale responsabilità? Certo che può.
Precisa, infatti, l’art. 2051 c.c. che l’unico modo affinché il custode possa essere esente da ogni responsabilità è quello di provare il c.d. caso fortuito.
In parole povere è tenuto a dimostrare che l’evento verificatosi era imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza (ad esempio un manufatto, nonostante sia perfettamente ancorato ad un balcone, cade a seguito del verificarsi di un fortissimo terremoto in una area non soggetta ad episodi sismici).
E la giurisprudenza, nel tempo, tra le varie ipotesi di caso fortuito ha inserito il comportamento del danneggiato stesso. Dunque, se il custode dimostra che il danno si sia verificato per una “disattenzione” dell’utente o per un suo comportamento anomalo, a quel punto non è tenuto a risarcire alcunché. E si badi che la disattenzione del danneggiato è dimostrabile, in via indiretta, anche per l’evidenza dell’anomalia: per fare un banale esempio, se sono inciampato su di una “buca” del manto stradale, avrò sicuramente problemi ad ottenere il risarcimento se l’affossamento era molto “grande” e, quindi, presumibilmente ben visibile.
Pertanto, nel caso in cui si decida di “agire”, il consiglio che possiamo dare è quello di valutare bene tutte le incognite del caso concreto, per verificare se possa sussistere una qualche nostra “colpa” nella verificazione dell’evento, in modo da evitare di soccombere in giudizio e di essere, poi, condannati al pagamento delle spese del giudizio: diciamo che dopo il danno è meglio evitare almeno la beffa.
Avv. Stefano Bagalini